Lo studio etnomusicologico del rapporto del passato con il
presente è cominciato con la creazione di mappe, cioè con lo
studio delle distribuzioni geografiche. Così, i primi studiosi
della musicologia comparata come Hornbostel e Sachs parteciparono
allo sviluppo della teoria del Kulturkreis, secondo cui la
distribuzione congruente di cluster di tratti aveva un preciso
significato dal punto di vista storico. Un po' più tardi,
etnomusicologi come George Herzog, Helen Roberts e Alan Merriam
usarono le aree culturali degli antropologi americani come
modelli per le loro aree musicali. In questo caso un'area
contigua con un gruppo comune di tratti più concentrati al
centro fu considerata come una mappa della storia; il centro, o
climax, era il luogo di origine della cultura i cui tratti si
diffondevano verso la periferia.
E' connesso a queste teorie quel tipo di ricerca in cui la
distribuzione di un tipo melodico o di un tipo di ballata o
perfino di un motivo - vengono in mente le ballate inglesi
raccolte da Child o Sul castel che'l mira bel studiata da
Marcello Sorce Keller - sono esaminate nella convinzione che la
distribuzione contemporanea possa illustrare la nascita del
fenomeno. Gli studi di Bartók sulla musica popolare ungherese e
la sua divisione in stili che rappresentano periodi è uno dei
primi esempi del trasferimento del concetto di famiglia e tipo
melodico ad interi repertori. Così, assumendo il termine
"mappa" in modo più metaforico, un repertorio nella
tradizione orale e la sua struttura interna, che vivono in un
certo senso solo nel presente, possono anche essere una mappa
verso il passato.
La mancanza di dati storici convenzionali nella forma di fonti
scritte o di oggetti fisici ha generalmente portato a teorie
dello sviluppo - guardate da alcuni come leggi e da altri come
regolarità statisticamente significative - basate sulla freccia
della storia, la tendenza a muoversi dal semplice al
numericamente complesso, o sul circolo della storia, una sorta di
alternanza fra apollineo/dionisiaco fino a classico/romantico,
eccetera. Ma, qualsiasi siano le ipotesi di base su ciò che
dovrà accadere, i musicologi hanno generalmente assunto che il
presente contenga il passato. Le varianti di Lord Randall
forniscono indicazioni sulla natura della melodia originale. Gli
ultimi Quartetti ci dicono qualcosa sull'opera 18.
Può un repertorio tribale isolato fornire questo tipo di
mappa? Talvolta non abbiamo proprio nient'altro. Permettetemi di
fare un esempio di un tipo di analisi archeologica dello stile
basandomi sulla cultura di Ishi, l'ultimo membro della tribù
Yahi della California, talvolta chiamato, ai suoi giorni,
"l'ultimo indiano selvaggio".
Escursione: le canzoni di Ishi
Ishi, l'ultimo indiano Yahi, insieme all'antropologo A.L. Kroeber, 1911 (rist. in R. Heizer-T.Kroeber, eds., Ishi, the Last Yahi: A Documentary History, Berkeley: University of California Press, 1979: 111).
Ishi era l'ultimo superstite di una tribù che si isolò per sfuggire alla distruzione culturale e fisica da parte dei bianchi. La tribù era composta di circa 200 persone nel momento di maggiore ampiezza, ma non ce n'erano più di una dozzina nel 1900, solo 4 nel 1910 e Ishi, l'ultimo, si unì alla società occidentale nel 1911 e visse 5 anni alla Università di California a Berkeley, lavorando come informatore per l'antropologo Alfred Kroeber. Nell'ambito del suo lavoro, egli registrò il suo intero repertorio di canzoni, che includeva canti per molte funzioni. Estremamente semplice per quanto riguarda le scale, la forma e il ritmo, secondo i nostri standard convenzionali, questo repertorio era ciononostante estremamente vario. La maggior parte dei canti ha tre o quattro suoni e una forma bipartita in cui la seconda parte è in qualche modo la riaffermazione - variazione, estensione, contrazione, inversione - della prima. Questo è lo stile del repertorio centrale, stilisticamente parlando.
Il canto Flint eseguito da Ishi, l'ultimo indiano Yahi
Ma c'è anche una parte molto più piccola del repertorio,
più varia, che chiamerò marginale. Consta di canti che
ricordano stili musicali che si trovano altrove nelle culture
tradizionali nordamericane. Ci sono scale di quattro o cinque
suoni. Ci sono due canti che usano la particolare forma
ascendente della popolazione Yuma del sud-ovest degli USA. Altri
ci ricordano gli Apache ed altri i canti delle pianure, con la
loro discesa rapida e la forma basata sulla ripetizione
incompleta. Che cosa ci fanno, in questo repertorio peraltro
piuttosto omogeneo, questi canti periferici che suonano strani?
Nei tempi passati, queste popolazioni erano distanti dalla tribù
di Ishi nella California centrale. Nel periodo successivo al1850,
e forse anche prima, gli Yahi sembrano avere avuto scarsi
contatti con l'esterno e la cultura si è deteriorata a causa
della necessità della popolazione di spostarsi costantemente e
insieme a causa del suo costante decremento e dell'emergenza
costante che ne ha caratterizzato l'esistenza. Non sembra che si
possa dividere l'insieme della cultura in componenti
"centrali" e "periferiche".
Vorrei suggerire di interpretare il repertorio di Ishi come
una mappa della propria storia e come indice di cambiamenti e
contatti culturali. In primo luogo, la gran parte del repertorio
evidenzia coerenza, come la cultura nel suo insieme. Il fatto che
vi domini un solo tipo di forma e che esistano molte varianti è
indice di una cultura musicale in cui i compositori continuarono
a fare la stessa cosa per un lungo periodo. Ma le poche forme
nello stile delle pianure, degli Yuma e Atabaschi, ci danno da
pensare. Ci parlano forse della migrazione di canti da tribù a
tribù? Oppure di viaggiatori di quelle tribù che lasciarono
canti ma evidentemente poche altre cose? Dobbiamo considerare
questi canti, estranei al repertorio centrale, come parte della
cultura musicale Yahi o come aberrazioni? Ci sono molte
interpretazioni possibili; ma io vorrei insistere sul fatto che
la presenza di questi canti ha qualche significato dal punto di
vista storico e che la storia di quella musica, se - o quando -la
scopriremo, fornirà importanti indicazioni sulla storia di una
cultura per la quale non abbiamo altri dati che ciò che fu
appreso dal suo ultimo rappresentante.