3. Le componenti di un sistema musicale possono cambiare in
modi diversi e in gradi diversi.
Che cos'è che determina quale stile musicale sarà adottato o
preferito da una società? Di fronte a questa domanda, la maggior
parte degli etnomusicologi, sosterrà che il problema ha qualcosa
a che fare con il carattere della cultura di quella società.
Molti lavori, cominciando da quelli Curt Sachs e proseguendo fino
al cantometrics di Alan Lomax e agli studi più recenti di
antropologia della musica, suggeriscono che in questa teoria c'è
qualcosa di valido. E se la cultura determina la musica, allora
il cambiamento culturale deve generalmente determinare anche il
cambiamento musicale.
Ma che cos'è che può cambiare? Il giudizio corrente che la
cultura è un'unità e perciò i suoi settori cambiano in qualche
modo in tandem suggerisce che anche la musica è un'unità. Ma
noi sappiamo che i parametri individuali della musica possono
cambiare - influenzando ma non modificando il resto. Aggiungere
l'armonia ad una melodia è ovviamente una modificazione
dell'insieme musicale, ma non altera necessariamente la melodia
stessa. Può essere più interessante osservare la questione alla
luce del modello tripartito di Merriam: suono, comportamento e
concetti. La questione è che questi tre settori (probabilmente
si potrebbe dividere la musica anche in modo diverso), pur
essendo integrati, ciononostante spesso si comportano
diversamente in situazioni date. Invero, essi possono avere ruoli
complementari nella cultura e nel cambiamento musicale: la
struttura concettuale della musica rimane forse essenzialmente
costante, mentre il suono o lo stile si modificano; oppure, il
settore del comportamento si modifica al fine di permettere allo
stile di sopravvivere.
Gli approcci al cambiamento musicale e culturale che fanno
riferimento al modello di Merriam hanno paralleli nelle teorie
antropologiche del cambiamento culturale. Nel sistema musicale
possono essere individuate strategie di adattamento, in qualche
modo in riferimento alla linea dell'evoluzione culturale. Voglio
richiamare la vostra attenzione in particolare su due concetti
che caratterizzano approcci precedenti a questi problemi, che
possono essere conflittuali fra loro: l'innovazione come fenomeno
culturale e l'evoluzione culturale. Le loro ramificazioni
musicali sono forse ovvie. Citerò solo due dei molti autori che
ne hanno scritto. Il modello di Julian Steward dell'evoluzione
multilineare, dove venivano riconosciuti regolarità e modelli
caratteristici di diversi ambienti culturali e perfino fisici, ma
che facevano riferimento alle culture dominanti come fonti di
innovazione e diffusione, ha stretti parallelismi nel tipico
approccio etnomusicologico al cambiamento musicale. H.G. Barnett
ha analizzato secondo altre prospettive il concetto di
innovazione come modo di collegare il modo di vedere e il
comportamento personale a quello della società. E' interessante
notare che nessuno di loro ha utilizzato la natura divisibile del
campo musicale per mostrare la complessità del fenomeno del
cambiamento culturale. Un esempio dall'Iran.
Escursione: la musica persiana
Nell'Iran del sec. XX possiamo osservare l'interazione fra
musica persiana e occidentale e delle loro suddivisioni in suono,
comportamento e idee, con questo risultato interessante: l'arrivo
e l'adozione di idee occidentali sulla musica, e su come essa
dovrebbe funzionare in una società, ha permesso al suono
musicale - il repertorio - di rimanere invariato nelle sue
caratteristiche centrali. Allo stesso tempo, imitando la
struttura del repertorio europeo (struttura del repertorio,
non dei singoli brani), i musicisti dell'Iran hanno costruito
qualcosa di simile al sistema della musica classica europea, alla
sua teoria e al suo repertorio, nel contesto dello stile
persiano. Inoltre, le pratiche europee, come quella del concerto,
hanno permesso alla musica persiana di sopravvivere e fiorire,
anche in un periodo in cui molti aspetti della cultura persiana
stavano cambiando nella direzione delle pratiche e dei valori
occidentali.
Nelle tradizioni passate dell'Iran la musica era stata
qualcosa verso cui le persone erano ambivalenti. Volevano la
musica nella loro vita, ma la musica era pericolosa ed essi hanno
fronteggiato questo problema in modi diversi: creando una
definizione ristretta di musica, guardando i suoni come se
avessero vari gradi di musicalità in sé (ma raramente vedendoli
pienamente come "musica"), dando ai musicisti uno
status sociale basso o affidando la pratica musicale alle
minoranze non musulmane, non permettendo alla musica di
sperimentare lo sviluppo secondo quei tipi di ampie strutture
formali che si trovano nelle arti visive e nella letteratura
persiana, ecc.
In seguito, quando l'occidentalizzazione è venuta a giocare
un ruolo importante nel tardo sec. XIX e oltre, e quando la vita
ha cominciato ad avere un distinguibile sapore occidentale, la
musica tradizionale persiana ha improvvisamente cominciato a
fiorire. In parte, ciò è stato dovuto all'occidentalizzazione
del concetto di musica, intesa ora come qualcosa che è degna di
rispetto. Ciò che è accaduto non è stato tanto l'introduzione
della musica occidentale - che ha avuto luogo - quanto i
cambiamenti nella vita musicale e nello stile musicale, che si
avvicinavano così alla cultura musicale occidentale, e ciò ha
incluso il fatto di permettere alla musica di avere gli stessi
vantaggi delle altre arti - e la formazione dello splendido radif
come base dell'improvvisazione - così come l'introduzione dei
metodi di insegnamento occidentali, della notazione occidentale,
degli insiemi strumentali, dell'enfasi sui brani composti, sul
virtuosismo e altro ancora; si è arrivati perfino
all'occidentalizzazione dello stile musicale nella direzione
dell'armonia e di modi compatibili con il maggiore e il minore,
ma in un insieme musicale caratteristicamente persiano.
Molti di questi fenomeni sono stati proibiti dopo il 1978,
come tutti i processi di occidentalizzazione nel loro complesso.
Ma ciò che era mutato nella musica durante gli anni '50, '60 e
'70, nell'ambito del cambiamento culturale, è soprattutto il
valore della musica nell'insieme dei settori culturali. Dopo
questo noi vediamo la musica persiana svilupparsi in Iran, ma in
gran parte nella direzione della cultura musicale occidentale. E
fra le centinaia di migliaia di immigranti ed esuli in Europa e
Nordamerica che per molti aspetti hanno cominciato ad agire come
americani ed europei, la musica ha cessato di essere un settore
negletto della cultura e è diventata un emblema di rilievo
dell'identità etnica. In tutto questo riconosciamo i processi
identificati dagli antropologi. Notiamo l'innovazione di Barnett
e l'adattamento alle tradizioni; e c'è evoluzione nel modo in
cui la musica persiana si è adattata alle intrusioni occidentali
in modi sofisticati e distinti, seguendo il modello di Steward,
un'evoluzione che appare diversa da quella seguita dall'India e
dall'Africa, un modo specifico di mettere in rapporto passato e
presente.
Mentre Steward e Barnett si sono concentrati sulle culture
come unità chiuse, in cui il cambiamento era determinato
principalmente da fattori interni alla società, gli approcci
successivi, come quello di Melville J. Herskovits, si sono
concentrati sul cambiamento che proveniva dall'interazione fra
culture. Il quadro degli studi sul cambiamento culturale oggi è
mutato completamente, dalla osservazione di culture come unità
in cui il contatto esterno è visto come intrusione, alla
convinzione che il contatto interculturale e il successivo
cambiamento culturale sono state la norma.
4. Le società possono modellare il passato in modo da
adattarlo al presente
A partire dall'enfasi sui concetti di emico e etico e dalla
"nuova etnografia" in cui l'interpretazione dell'insider
deve avere un ruolo di rilievo, gli antropologi hanno
cominciato attorno agli anni '50 a guardare al rapporto fra
passato e presente nella prospettiva della riflessività. In
seguito, negli ultimi due decenni, i lavori di Geertz, Marcus,
Clifford, Bruner ed altri - critici letterari, filosofi e
studiosi diversi - hanno dato vita ad un movimento che sostiene
che la posizione dell'osservatore inevitabilmente modella il
resoconto che egli dà degli altri e che noi possiamo, per così
dire, scrivere soltanto di noi stessi. Questi approcci hanno dato
supporto alla prospettiva secondo cui noi dobbiamo studiare i
modi di cui le società vedono le proprie storie, per quanto
possano contraddire le valutazioni di tipo positivistico.
L'identità di una società è sostanzialmente determinata dal
modo in cui essa osserva il proprio passato. E così, nel mettere
in rapporto il presente della società con il suo passato, noi
studiamo anche il modo in cui le società immaginano questo
rapporto nei loro propri sistemi culturali, interpretano ciò che
è stato e talora inventano ciò che non è stato. Il modo in cui
i musicisti di una società vedono il proprio passato gioca un
ruolo importante nel loro presente.
Questa è una prospettiva che chiaramente aiuta a spiegare
aspetti della cultura musicale occidentale e i volumi di
Bubotnick, Citron, Bergeron e Bohlman hanno messo a fuoco il modo
in cui gli storici della musica di oggi inventano la storia della
musica. I musicisti classici occidentali che non sono accademici
possono servire come esempio. Essi possono vedere la storia della
musica come la tensione fra due forze: l'una è la fiducia in un
progresso coerente, secondo il quale la musica di oggi è
migliore e più avanzata di tutto ciò che è venuto prima; la
seconda, che offusca la prima, vede nella storia della musica una
curva a forma di campana il cui culmine è rappresentato dai
lavori di Bach, Mozart e Beethoven, un livello che non poteva
essere mantenuto e cui ha fatto seguito una discesa. I
compositori contemporanei spesso alternano venerazione e
risentimento verso i grandi maestri e la loro attività è
modellata in modo consistente dalla loro visione del passato.
Così, fuori dall'orbita occidentale, per molte culture del sec.
XX un modo di rispondere alla musica occidentale è di
rimodellare l'interpretazione del passato per adattarlo al
presente.
Escursione: la musica carnatica.
La mia illustrazione proviene dalla cultura della musica
carnatica di Madras. E' ben noto che ci sono pochi luoghi al
mondo in cui un sistema musicale non occidentale è rimasto così
intatto e fiorente come a Madras, attraversando comunque anche
molti cambiamenti culturali. Madras è una città dell'India
moderna e la sua economia, il suo governo, il sistema di
trasporti, la struttura educativa e perfino aspetti della
religione e del sistema di valori e altro ancora sono cambiati
enormemente negli ultimi 150 anni. Eppure qui esiste un sistema
musicale i cui cultori si oppongono al cambiamento, almeno per
alcuni aspetti. Essi hanno adottato ad esempio una vita
concertistica di derivazione occidentale, hanno accolto alcuni
strumenti europei, hanno fondato conservatori di tipo occidentale
e hanno modificato i rapporti fra le caste entro la cultura
musicale. Eppure alcuni di loro insistono che non c'è spazio per
l'innovazione nella musica carnatica. Uno dei modi che adottano
per contrastare l'egemonia della musica occidentale è basato sul
mantenimento di una sorta di pensiero dualistico, secondo cui la
musica occidentale è un concetto parallelo a quello di musica
indiana, ma alla prima non si dà spesso l'occasione di essere
ascoltata. Le musiche occidentale e carnatica sono gli unici
sistemi degni di valore e sono complementari: la musica indiana
è melodica, quella occidentale è armonica; quella indiana è
sostanzialmente improvvisata, quella occidentale no. La musica
indiana è in gran parte legata alla religione, quella
occidentale in gran parte profana.
Sono stati introdotti strumenti occidentali. Il violino e
l'armonium sono stati introdotti nel sec. XIX e hanno un ruolo di
enorme importanza. Gli studiosi indiani conoscono la loro
origine, ma il pubblico musicale e molti musicisti li considerano
come strumenti effettivamente indiani e possono rifiutare di
credere che essi provengano da altri luoghi, mettendoli in
rapporto con antichi sviluppi della musica indiana e così,
inoltre, rimodellando il passato per adattarlo alle esigenze del
presente. Altri strumenti, come il sassofono, vengono visti come
curiosità d'importazione.
"Anche noi abbiamo la nostra trinità di
compositori" - dicono - "Come i vostri Beethoven,
Mozart e Haydn, noi abbiamo Tyagaraja, Syama Sastri e Dikshitar,
che sono vissuti circa nella stessa epoca dei vostri compositori
classici".
E così, ricorrendo al concetto di complementarità inteso
come meccanismo strategico, il pubblico di amatori di Madras vede
la sua storia musicale recente in gran parte come un processo per
raggiungere un accordo con la musica occidentale, che deve
ricevere quanto le è dovuto.