1. Introduzione
Nel passato le donne sono state significative artefici della formazione della cultura ebraica ma sono rimaste escluse dal "testo" degli studi giudaici perché non hanno prodotto testi scritti (1). Oggi, comunque, idee come quella che le donne ebree non pregavano vengono contestate, poiché nuove ricerche hanno dimostrato il coinvolgimento femminile nella preghiera comunitaria, anche nel Medioevo, quando la condizione delle donne era al suo livello più basso (vedi, per esempio, Hauptman; Taitz; Weissler 1991 e 1995). Inoltre, l'identificazione del "giudaismo" con il sottoinsieme di comportamenti chiamato "religione" escluse i fenomeni di carattere non religioso dagli studi delle antiche società giudaiche (Sacks 1995: 4). L'esame del comportamento dei generi per come viene agito nell'insieme dell' ambiente socio-culturale, non solo nella sfera della "religione" (Sacks 1995: 5), è quindi un obiettivo da raggiungere in vista di uno studio antropologico delle donne ebree "quali soggetti, quali attrici, non in quanto simboli o oggetti che sono agiti" (Sered 1995: 206). L'esecuzione musicale, specialmente il canto, è un campo di azione esterno al dominio della "religione" nel quale le donne ebree agirono assertivamente nel corso della storia. In una più ampia prospettiva storica e socio-culturale si può recuperare una documentazione della attività musicale delle donne ebree come mezzo di auto-affermazione. Tuttavia, la documentazione scritta riferita a questo fenomeno è scarsa e i dati disponibili sono limitati alla tradizione orale documentata dai moderni etnomusicologi. Una questione fondamentale circa il ruolo delle donne come music makers nella cultura giudaica è relativa al dictum talmudico (Berakhot 24a): " la voce della donna è indecente", che si presenta in riferimento alla proibizione per l'uomo di recitare una benedizione o qualsiasi altra preghiera mentre ascolta una donna cantare. Maimonide allarga questa proibizione ad ogni circostanza in cui una donna canta (Schreiber 1984-85: 27). Perciò, di regola, agli ebrei è proibito esporsi al canto di una donna in qualsiasi luogo e tempo. In tempi moderni è emersa la questione se sia lecito per un uomo ascoltare la voce di una donna che canta perfino quando sia trasmessa dalla radio o da un disco (Yossef 1954/5, responsum n. 6). La subordinazione, e perfino l'umiliazione, come condizione fondamentale delle donne nelle società ebraiche tradizionali, cioè "ortodosse", si origina dalla visione androcentrica del giudaismo come religione fondata su testi scritti. Nonostante la segregazione talmudica, le donne ebree continuarono a cantare entro i confini, e raramente all'esterno, delle loro comunità, sviluppando un loro proprio, ricco repertorio di canzoni nei linguaggi dialettali ebraici. Le loro voci divennero, perciò, una minaccia latente per gli uomini negli spazi pubblici e privati. Evidentemente, l'imposizione di una rigida segregazione sessuale nel campo del canto condusse allo sviluppo di luoghi fisici e temporali dove le esecuzioni musicali delle donne furono portate avanti, lontano dagli occhi (o piuttosto dalle orecchie) degli uomini. Questa segregazione rimase piuttosto teorica, poiché gli uomini furono costantemente "esposti", anche se per caso, alle trasgressioni del dictum talmudico. La canzone popolare in giudeo-ispanico o ladino degli ebrei sefarditi è uno dei più ricchi e vibranti repertori ebraici, che è arrivato al ventesimo secolo in piena fioritura. Questo repertorio affonda le sue radici nel medioevo spagnolo, per quanto si fosse considerevolmente diffuso e trasformato nei cinquecento anni che trascorsero dall'espulsione degli ebrei dalla Spagna nel 1492. Il repertorio comprende canzoni di diversi generi. Uno dei più nobili tra questi è il romance, una ballata epico-lirica. Il romance sefardita e canzoni di altro tipo furono trasmesse dalle donne sefardite in Marocco e lungo tutti i luoghi di stanziamento dei sefarditi nell'impero ottomano (Weich-Shahak 1998).
Noi qui sottolineiamo le sopravvivenze del romance tra le donne sefardite in ragione degli "scottanti" temi che essa tratta in molti testi quali l'infedeltà femminile, l'incesto e lo stupro.
Secondo Weich-Shahak, gli intrecci di molte ballate cantate dalle donne sefardite includono personaggi femminili assertivi, sebbene le azioni di questi personaggi siano generalmente innescate da azioni delle loro controparti maschili. Le donne sefardite potevano identificarsi negli ambigui ruoli degli immaginari personaggi femminili delle ballate; questi personaggi sono protagonisti attivi e nello stesso tempo sono pienamente dediti ai loro uomini. Se le donne sefardite erano subordinate all'autorità degli uomini e se l'autorità maschile espressa nei testi religiosi escludeva l'ascolto della voce delle donne in generale e in particolare quello delle loro canzoni di contenuto "osceno ", quale fu allora il meccanismo sociale che permise la continuazione della pratica e la sopravivvenza delle canzoni popolari sefardite tra le donne? La risposta a questa domanda è il tema dei paragrafi seguenti. |