3. La rinascita del XX secolo
(i) L'eredità del barone Rodolphe
dErlanger
Nel suo tentativo di ricostruire una sonorità autentica del ma'luf, in opposizione alla diffusa adozione di strumenti stranieri, arabi e occidentali (6), d'Erlanger costituì l'ensemble che rappresentò la Tunisia al Congresso del Cairo: esso comprendeva 'ud 'arbi (liuto tunisino a quattro corde con il manico corto), rabab (cordofono verticale a due corde), naqqarat (coppia di piccoli tamburi a paiolo), tar (tamburello) e sawt al-taws (voce in falsetto).
Sulla spinta del progetto di d'Erlanger e del Congresso del Cairo, nel novembre del 1934 a Tunisi venne fondato l'istituto Rashidiyya. Riprenedendo il nome dall'aristocratico mecenate ed appassionato cultore del XVIII secolo, Muhammad al-Rashid Bey, il Rashidiyya intendeva preservare e promuovere il ma'luf e allo stesso tempo favorire il raggiungimento dei più alti standard musicali e letterari nelle nuove composizioni vocali tunisine. Al contrario di d'Erlanger, che considerava le influenze europee come la principale minaccia per il ma'luf, i fondatori del Rashidiyya erano invece motivati dalla preoccupazione di difendere la musica tunisina dalla dilagante influenza della musica egiziana nella capitale. Nel perseguire le sue finalità, il Rashidiyya non ha soltanto creato un nuovo tipo di ensemble con sonorità e convenzioni esecutive specifiche, ma ha anche dato al ma'luf una nuova cornice istituzionale, un ambiente sociale e uno status accademico. Di norma, le formazioni del ma'luf del tempo comprendevano un numero variabile di strumentisti solisti che costituivano altresì un coro e, a seconda dei casi, uno o più cantori principali. Ciascun ensemble era diretto da uno shaykh, solitamente il suonatore di 'ud, il quale faceva eseguire la sua versione delle melodie; gli strumentisti e i cantori principali le abbellivano con una semplice eterofonia mentre il coro cantava all'unisono. Il Rashidiyya, invece, proponeva un ensemble stereotipato, modellato in parte sull'orchestra occidentale e in parte sulle formazioni egiziane coeve. Esso comprendeva un nucleo formato da violini, uno o più violoncelli e contrabbassi, una combinazione arbitraria di strumenti melodici tradizionali arabi, darbukka, tar e naqqarat ed un coro di voci femminili e maschili distinte. La sonorità predominante era quella degli archi e del coro, all'unisono e all'ottava. Per poter standardizzare le diverse versioni dei vari shaykh, gli strumentisti facevano riferimento a trascrizioni che adottavano una notazione occidentale su pentagramma opportunamente modificata, elaborata dai membri del Rashidiyya. Il coro, invece, apprendeva le melodie per ripetizione e memorizzazione da un apposito maestro. Il Rashidiyya comprendeva una scuola dove si insegnava la teoria della musica araba, il solfeggio e la notazione occidentale su pentagramma
(ii) Il ma'luf, lo stato e i media dopo l'indipendenza Dopo l'indipendenza tunisina raggiunta nel 1956, il Ministero della Cultura ha pubblicato le trascrizioni del Rashidiyya in una serie di nove volumi intitolata al-Turath al-Musiqi al-Tunisi (Patrimoine Musical Tunisien). Tali volumi venivano distribuiti alle formazioni amatoriali, modellate sull'ensemble del Rashidiyya, nell'ambito dei club e delle scuole di musica di nuova istituzione che andavano sorgendo in tutto il paese. Il ma'luf venne pertanto introdotto in zone dove era prima sconosciuto, mentre le versioni delle melodie del Rashidiyya e il suo nuovo stile esecutivo si diffusero in aree dove esistevano specifiche e peculiari tradizioni di ma'luf. Il governo stabilì un ciclo annuale di concorsi che culminavano in un festival del ma'luf a Testour, una piccola cittadina agricola a una settantina di chilometri a nord est di Tunisi, nota per la sua storica tradizione di ma'luf. Questo festival fungeva da competizione nazionale tra gli ensemble in rappresentanza di tutte le regioni e la sua giuria era formata da delegati del Ministero della Cultura.
Il ma'luf è diventato l'elemento principale del curriculum che porta a sostenere l'esame per il diploma nazionale di musica araba. I requisiti per l'esame sono stati stabiliti con un decreto presidenziale del 1958 e sono rimasti invariati fino ad oggi. Derivato dal programma scolastico del Rashidiyya, tale curriculum comprende la conoscenza della teoria e del repertorio delle tradizioni tunisine ed egiziane, e si basa sul solfeggio e sulla notazione occidentale. Esso viene integralmente svolto nel conservatorio nazionale di Tunisi (che in precedenza era il conservatorio di musica francese), nei vari conservatori regionali e, a differenti livelli, negli altri centri statali d'istruzione musicale. Il rapporto tra il Rashidiyya, la canzone commerciale e i media è definitivamente cambiato nel 1958, quando il nuovo governo istituì un ensemble radiofonico professionistico a tempo pieno. Il suo direttore, Abdulhamid Belalgia, aveva studiato sia la musica tunisina sia quella occidentale. Discendente di una famiglia di shaykh del ma'luf, Belalgia aveva frequentato la scuola del Rashidiyya e aveva suonato il nay nell'ensemble dello stesso istituto; si era anche diplomato in pianoforte, flauto e composizione al conservatorio di musica francese. Nel 1979 è stato nominato direttore delle attività musicali della ERTT (8). Incorporando l'élite del personale del Rashidiyya di quel periodo e degli anni precedenti, l'ensemble della radio tunisina venne modellato su quelli coevi della radio e della cinematografia egiziani e comprendeva diversi strumenti elettronici ed altri non arabi (El-Mahdi 1981: 57-58). La principale attività del gruppo radiofonico consisteva nella registrazione, in vista della messa in onda, dei nuovi canti tunisini, di solito modellati su quelli egiziani, commissionati dalla ERTT (Etablissement de la Radio et de la Television Tunisienne). Per valutare il grado di influenza della ERTT sulla composizione dei canti tunisini, basta considerare che, fino all'avvento degli studi privati negli anni Ottanta, essa ospitava l'unico studio di registrazione sonora di tutto il paese (9).
All'inizio degli anni Ottanta, quando ho iniziato la mia ricerca sul campo a Tunisi, i musicisti, gli intellettuali e i funzionari governativi, in egual misura, lamentavano la crisi della musica tunisina: il ma'luf era divenuto un 'pezzo da museo' e la canzone tunisina, quasi completamente basata su modi e ritmi egiziani, aveva perso il suo orientamento e la sua identità. |