4. Le società possono modellare il passato in modo da adattarlo al presente

A partire dall'enfasi sui concetti di emico e etico e dalla "nuova etnografia" in cui l'interpretazione dell' insider deve avere un ruolo di rilievo, gli antropologi hanno cominciato attorno agli anni '50 a guardare al rapporto fra passato e presente nella prospettiva della riflessività. In seguito, negli ultimi due decenni, i lavori di Geertz, Marcus, Clifford, Bruner ed altri - critici letterari, filosofi e studiosi diversi - hanno dato vita ad un movimento che sostiene che la posizione dell'osservatore inevitabilmente modella il resoconto che egli dà degli altri e che noi possiamo, per così dire, scrivere soltanto di noi stessi. Questi approcci hanno dato supporto alla prospettiva secondo cui noi dobbiamo studiare i modi di cui le società vedono le proprie storie, per quanto possano contraddire le valutazioni di tipo positivistico. L'identità di una società è sostanzialmente determinata dal modo in cui essa osserva il proprio passato. E così, nel mettere in rapporto il presente della società con il suo passato, noi studiamo anche il modo in cui le società immaginano questo rapporto nei loro propri sistemi culturali, interpretano ciò che è stato e talora inventano ciò che non è stato. Il modo in cui i musicisti di una società vedono il proprio passato gioca un ruolo importante nel loro presente.

Questa è una prospettiva che chiaramente aiuta a spiegare aspetti della cultura musicale occidentale e i volumi di Bubotnick, Citron, Bergeron e Bohlman hanno messo a fuoco il modo in cui gli storici della musica di oggi inventano la storia della musica. I musicisti classici occidentali che non sono accademici possono servire come esempio. Essi possono vedere la storia della musica come la tensione fra due forze: l'una è la fiducia in un progresso coerente, secondo il quale la musica di oggi è migliore e più avanzata di tutto ciò che è venuto prima; la seconda, che offusca la prima, vede nella storia della musica una curva a forma di campana il cui culmine è rappresentato dai lavori di Bach, Mozart e Beethoven, un livello che non poteva essere mantenuto e cui ha fatto seguito una discesa. I compositori contemporanei spesso alternano venerazione e risentimento verso i grandi maestri e la loro attività è modellata in modo consistente dalla loro visione del passato. Così, fuori dall'orbita occidentale, per molte culture del sec. XX un modo di rispondere alla musica occidentale è di rimodellare l'interpretazione del passato per adattarlo al presente.

Escursione: la musica carnatica.

La mia illustrazione proviene dalla cultura della musica carnatica di Madras. E' ben noto che ci sono pochi luoghi al mondo in cui un sistema musicale non occidentale è rimasto così intatto e fiorente come a Madras, attraversando comunque anche molti cambiamenti culturali. Madras è una città dell'India moderna e la sua economia, il suo governo, il sistema di trasporti, la struttura educativa e perfino aspetti della religione e del sistema di valori e altro ancora sono cambiati enormemente negli ultimi 150 anni. Eppure qui esiste un sistema musicale i cui cultori si oppongono al cambiamento, almeno per alcuni aspetti. Essi hanno adottato ad esempio una vita concertistica di derivazione occidentale, hanno accolto alcuni strumenti europei, hanno fondato conservatori di tipo occidentale e hanno modificato i rapporti fra le caste entro la cultura musicale. Eppure alcuni di loro insistono che non c'è spazio per l'innovazione nella musica carnatica. Uno dei modi che adottano per contrastare l'egemonia della musica occidentale è basato sul mantenimento di una sorta di pensiero dualistico, secondo cui la musica occidentale è un concetto parallelo a quello di musica indiana, ma alla prima non si dà spesso l'occasione di essere ascoltata. Le musiche occidentale e carnatica sono gli unici sistemi degni di valore e sono complementari: la musica indiana è melodica, quella occidentale è armonica; quella indiana è sostanzialmente improvvisata, quella occidentale no. La musica indiana è in gran parte legata alla religione, quella occidentale in gran parte profana.

Gruppo di musicisti dell'India del sud: T. Viswanathan (flauto) e T. Ranganathan (mridangam) insieme ai loro studenti americani

"Banturiti", dal "Ramnad Krishnan Kaccheri"

Sono stati introdotti strumenti occidentali. Il violino e l'armonium sono stati introdotti nel sec. XIX e hanno un ruolo di enorme importanza. Gli studiosi indiani conoscono la loro origine, ma il pubblico musicale e molti musicisti li considerano come strumenti effettivamente indiani e possono rifiutare di credere che essi provengano da altri luoghi, mettendoli in rapporto con antichi sviluppi della musica indiana e così, inoltre, rimodellando il passato per adattarlo alle esigenze del presente. Altri strumenti, come il sassofono, vengono visti come curiosità d'importazione.

"Tillana", musica violinistica dell'India del sud

Copertina di un'audiocassetta prodotta in India, con la foto del suonatore carnatico di sassofono Kadri Gopalnath

"Anche noi abbiamo la nostra trinità di compositori", dicono gli indiani. "Come i vostri Beethoven, Mozart e Haydn, noi abbiamo Tyagaraja, Syama Sastri e Dikshitar, che sono vissuti circa nella stessa epoca dei vostri compositori classici". E così, ricorrendo al concetto di complementarità inteso come meccanismo strategico, il pubblico di amatori di Madras vede la sua storia musicale recente in gran parte come un processo per raggiungere un accordo con la musica occidentale, che deve ricevere quanto le è dovuto.


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