1. L' Amanes
 

L' amanes diventò rappresentativo di uno stile di musica apprezzato per la sua intensità emotiva e, allo stesso tempo, rifiutato per le sue affinità con la parte orientale e femminile della moderna psiche greca. La descrizione che Kazantzakis fa di una personalità greca scissa riflette la dicotomia già messa in evidenza da grecisti stranieri, a cominciare dal 'dilemma ellenico-romeico' di Leigh Fermor (1966: 96-147), poi meglio delineata da Herzfeld (1987, cap. 4-5). Come in tutte le dicotomie, la divisione non è netta e si possono trovare aree di sovrapposizione. In ogni caso è interessante notare che questa dicotomia della personalità greca non è stata solo percepita da osservatori esterni, ma dagli stessi greci. Come ci fa notare Herzfeld, la dicotomia è essa stessa una nozione europea e un espediente linguistico (1987: 96) che rafforza gli stereotipi di genere e la posizione di privilegio dell'Europa rispetto all'Oriente. Sotto l'influenza dei racconti sull'Oriente provenienti dal tardo Ottocento, Kazantzakis, educato all'europea, come Nerval e Flaubert, associa l'Oriente con il femminile, ma non nello stesso modo in cui Said gli riconosce una femminilità pura e inarticolata (1979: 186-88). Perché greco, e più significativamente cretese, Kazantzakis si crede capace di sintetizzare l'ellenismo con l'Oriente in modo unico (1). La sua divisione 'apollineo/dionisiaco' fra l'ovest e l'est è forse un po' datata, ma egli usa la dicotomia non tanto per privilegiare il lato ellenico del carattere greco, quanto per onorare la sua eredità materna, l'anima misteriosa, scura e orientale incastonata nell'altrimenti pragmatica personalità greca. 

Non bisogna sorprendersi se, in questo contesto, Kazantzakis descrive il Neoellinas (neogreco) come Digeni (dalla doppia discendenza). Digenes Akritas, eroe del poema epico bizantino e di numerose canzoni popolari è, nella versione epica, figlio di padre arabo e di madre greca. Come nota Herzfeld (1987: 104), in molti dei testi di canzoni popolari, diventa non il figlio di un padre ma di una madre orientale, la quale ha uno status sociale marginale e alienato. Akritas, come guardiano o barone dei confini mesopotamici dell'impero bizantino, è geograficamente e socialmente emarginato. Le sue gesta coraggiose, la cattura da parte del leader arabo e il finale riconoscimento come eroe hanno procurato ai greci un mito ideale di grecità, sfruttato poi nel diciannovesimo secolo dai nazionalisti (2). Herzfeld paragona il personaggio dell'estraneo redento Digenis con l'eroe del teatrino d'ombre Karaghiozis, anche lui un imbroglione, il quale usa i suoi talenti per capovolgere il suo status di raya [designazione per i greci sotto dominio Ottomano]. Sia l'eroe etnicamente ambiguo delle canzoni popolari e del poema epico che l'eroe dalle umili origini del teatro d'ombre trionfano sul destino della loro nascita allo stesso modo in cui trionfano contro i loro nemici. I testi di Digenis diventano in questo modo una metafora calzante "per una nazione che lotta per obliterare una storia recente che l'occidente tutelare ha pensato di degradare" (Herzfeld 1987: 106). 

La formazione del nazionalismo greco nel diciannovesimo secolo fu ottenuta sotto lo sguardo di un 'occidente tutelare' così investito nella rinascita di un ellenismo idealizzato da mandare migliaia di volontari a combattere per la causa. Come risposta, i greci furono inizialmente pronti ad offrire un'immagine ideale di loro stessi e dei loro sosteniori, pur rimanendo coscienti di quanto poco quest'immagine corrispondesse alla realtà. La tensione fra le aspettative di un filoellenismo europeo e la realtà di un passato orientale rinforzò lo stereotipo dei due poli opposti, l'europeo e l'orientale, presenti nel carattere greco. Questa polarizzazione fu interpretata nella 'glossiko zitima', o questione linguistica, nella quale il termine katharevousa (lingua pura, dotta) implicava la visione europea di una grecità pura e in rinascita, mentre dhimotiki (lingua corrente, volgare) il riconoscimento e la celebrazione di un passato eclettico ed eterogeneo che donava ricchezza al linguaggio greco senza sacrificare il proprio carattere nazionale. Oltre alla questione del linguaggio, il folclore fu una fra le aree più importanti per la manifestazione di elementi d'eclettismo e purezza nazionale (3). Come per i testi, anche la musica divenne il nesso di visioni opposte, e i folcloristi lottarono per accreditare alle canzoni popolari il merito di essere un legame importante fra la Grecia antica e moderna. Il fatto che molte delle canzoni popolari greche si conformino ai tipi modali descritti da antichi teorici della musica greci, sembrò confermare la presenza di una tradizione continua di composizioni melodiche dal periodo antico a quello moderno. Anche la musica della chiesa ortodossa, che manteneva alcuni dei modi antichi, poteva essere pensata come fonte intermediaria. 

Alle origini, il dibattito sulla provenienza e le caratteristiche della musica popolare greca si focalizzò esclusivamente sulla musica regionale o dhimotiki mousiki ma dal 1880 in poi, la musica urbana si unì a quella rurale come parte di un più largo dibattito nazionalista (4). Al centro della discussione sulla musica urbana c'era una disparità di pareri al riguardo dei relativi meriti della musica 'orientale' suonata nei cafes aman e della musica 'europea' dei cafes chantants. Questa discussione deve essere analizzata sullo sfondo di un mito nazionalista di una doppia discendenza, che si rifletteva nei greci in una genuina ambiguità nella percezione di loro stessi. Se da una parte quello che rappresentava la musica dei cafe aman specialmente l'amanes, era il lato orientale dell'eredità greca, dall'altra, in contrasto con la musica leggera e superficiale dei cafe chantants, da molti intellettuali e musicisti greci questa musica era riconosciuta più profonda e capace di esprimere pathos e dolore come non avrebbe mai potuto fare la canzone popolare dell'Europa occidentale. 

Per quei greci come Palamas (vedi Gauntlett 1989: 13), Kazantzakis (1965: 325), e Yiorgos Phaidros (1881: 2-26), i quali riconobbero la profondità e la passione di una forma musicale che non era d'origine europea, il problema divenne quello di reclamarla come fenomeno essenzialmente greco. Come fare? Il punto di partenza ci viene dato dall'associazione che Kazantzakis fa fra l' amanes o canzone d'amaro dolore, e l'eredità materna e orientale dell'uomo greco contemporaneo. Così come la madre, invece del padre di Digenis Akritas diventa l'estranea o l'emarginata nella tradizione del canto popolare, allo stesso modo la canzone di dolore o amanes è attribuita all'eredità greca materna. Di conseguenza la disposizione scura, misteriosa e orientale del carattere greco si lega al femminile attraverso l'arte del lamento. Essendo una sorta di lamento stilizzato, l' amanes è associato, nella tradizione greca, alla voce femminile. Nella Grecia rurale, come nella maggior parte delle società pre-industriali, sono le donne a cantare i lamenti per i morti, e non solo le donne che sono in stretta parentela con il deceduto, ma quelle che sono reputate le più abili nell'arte di esprimere il dolore della comunità attraverso l'improvvisazione di una canzone magistrale (5)

In Grecia, come molti ricercatori hanno osservato (Alexiou 1974: 10-35, Auerbach 1987: 25-43, Caraveli 1986: 169-192, Seremetakis 1991: 99-158, Holst-Warhaft 1992: 14-97, 98-126) sia ai lamenti (moiroloyia) che alle donne che li cantano (moiroloyistres) è stata attribuita, attraverso la storia, una certa ambiguità. Considerati essenziali in tempi di lutto, essi sono altrimenti spesso evitati, addirittura schivati dagli uomini greci. Inoltre, esiste una lunga linea di pensiero in Grecia, iniziata nell'antichità e continuata attraverso il periodo bizantino, che associa il lamento, specialmente il lamento eccessivo, non solo con il femminile, ma con l'Oriente, cioè con l'Asia Minore. (Vedi Johansen e Whittle 1980, Holst-Warhaft 1992: 130-133, Pollux 4.7). Questa associazione d'elementi sembra già essere contenuta nella controversia sugli amanedhes nella stampa ateniese riassunta da Theodoros Hatzipantazis (1986) e Gauntlett (1987, 1989). Nel dibattito sulla grecità o anche sulla musica suonata nei cafes aman, il termine 'musica orientale', come ci fa notare Gauntlett, è spesso usato come sinonimo di amanes. A seconda del punto di vista dello scrittore, l'amanes, in quanto forma musicale nella quale si rappresenta l'orientale, cioè il lamento vocale (femminile), diventa il massimo o minimo rappresentante del genere greco nel repertorio dell'Asia Minore. Il dibattito mette in evidenza l'ambiguità che i greci, ed in particolare gli uomini greci, sentono rispetto a quello che Kazantzakis vede come il lato femminile e orientale della loro discendenza. 

Un tentativo estremo per reclamare l'origine greca dell'amanes si può trovare in un documento reputato fra i più importanti sul soggetto: l'articolo di Yiorgos Phaidros Pragmateia peri tou Smyrneikou Mane i tou Par' Arxaiois Manero("Trattato sul manes di Smirne conosciuto dagli antichi come maneros"), scritto a Smirne nel 1881. Phaidros traccia le origini dell'amanes nell'antico lamento per Linos, e cade in errore seguendo l'opinione d'Erodoto, secondo cui Linos era chiamato Maneros dagli egiziani (6). Il lamento, origine stessa della canzone, fu inventato, secondo Erodoto, per essere cantato in onore del primo figlio del re egiziano, il cui nome era Maneros. Phaidros ricollega le antiche canzoni greche per Linos o Ailinos con i moderni lamenti popolari greci ed egiziani. Il suo tentativo di far derivare manes da Maneros è etimologicamente vago e certamente dettato dal suo desiderio di reclamare il genere come greco piuttosto che turco, attraverso il lamento egiziano. Mentre Phaidros domanda che la sua ipotesi sulle antiche origini di manes non venga respinta, egli reclama: "È, d'altra parte, assurdo che i manedhes contemporanei siano chiamati canti turchi. Sono chiaramente dei motivi greci che abbiamo ereditato dai nostri antenati e noi dobbiamo preservare quest'eredità per sempre." (1881: 18) 

È da notare che, a differenza di Kazantzakis, Phaidros vede questa discendenza come paterna e non materna e, nel continuare la ricerca etimologica, ancora più rivelatori sono i suoi commenti sulla natura dei makam turchi: 

I turchi hanno varie melodie monotone chiamate makam che, per la maggior parte, provengono dall'Arabia o dall'Egitto. Di solito, queste iniziano con l'esclamazione 'Yiar Aman!' che significa 'amato misericordioso' o 'abbi misericordia'. Qualche stupido ha aggiunto le lettere e e s alla parola Amane e, tralasciando la a iniziale, ha formato la parola Manes. Eppure, fra gli Ottomani, non si riscontrano le parole Amanes o Manes, né essi cantano questi motivi nella tonalità minore (Minore). L'Aman Yiar, citato sopra, rimane, nell'opinione dello scrittore, inspiegabile e impossibile da categorizzare (1881: 20)

Qui Phaidros rivela la sua ignoranza non solo della musica ottomana, ma anche di quella greca. I modi minore e matzore sono certamente stati influenzati dalla musica europea, ma non indicano semplicemente che una canzone è stata scritta nella tonalità maggiore o minore, ma piuttosto che essa si basa su un materiale melodico comune alla scala minore o maggiore. La maggior parte degli amanedhes erano cantati su modelli melodoci ottomani (makamlar = gr. makamia). È scorretto chiamare i makam 'modi'. La scala non è la sola a determinare l'improvvisazione fatta in ogni makam. Ci sono anche delle progressioni melodiche (i seyir turchi) che caratterizzano il makam e che includono un'enfasi su note particolari, risorse musicali ricche ed espressive preferite sia da cantanti greci che turchi. L'uso intercambiabile dei termini gazel, manes, amanes e gazeli, a volte legati da una lineetta d'unione sulle copertine di dischi, ci fa pensare che le case discografiche e presumibilmente gli stessi musicisti non facciano più distinzione fra di loro. Il gazel ottomano, come forma lirica, si può caratterizzare come un genere stilizzato di poesia romantica, composto in quartine.

In musica, tuttavia, gazel rappresenta l'equivalente vocale di un taksim (gr. taksimi). ). Il cantante ottomano può scegliere una quartina dal repertorio ottomano della poesia classica ed improvvisare un gazel che sembri assecondare l'umore del testo (Aksoy 1997: 45). Il gazel / amanes è divenuto un mezzo a disposizione del cantante per mostrare il proprio talento musicale, un brano d'effetto per l'artista sofisticato, come il taksim era per lo strumentista.

Galata Manes. (mp3 file, 128 kb, 2.08 min)

Un amanes molto conosciuto che prende il nome dal quartiere Galata di Istanbul, cantato da Marika Papagika. Alexis Zoumbas, violino; Marcos Sifneos, violoncello; Kostas Papagikas, cimbalom. Registrato a New York nel luglio 1926. 


Marika Papagika


Sandouri (cymbalom). Anoyanakis 1991: 118

Nel genere dell'amanes ci sono varie sub-categorie, secondo il modo musicale dell' amanes o di tipi di canzone come Tzivaeri, Galata, o Tabahaniotiko. Poiché il makam non è una scala ma un gruppo di passaggi melodici basati su uno o piu suoni di riferimento, ogni makam va a decidere le linee melodiche del singolo amanes. Potremmo addirittura parlare di un'associazione di un gruppo particolare di makamlar con gli amanedhes greci. Nell'intera gamma di makamlar, il sabak, nihavent, hidzaz e houzam sembrano essere stati quelli più usati dai cantanti greci. Ci sono anche delle sub-categorie di amanedhes a seconda del ritmo dell'introduzione e del finale, che possono essere nei ritmi di danza del tsifteteli, ballos, syrtos, ecc. Nei finali ritmici per gli amanedhes ci sono addirittura esempi di tango e valzer che trasformano la qualità del pezzo in qualcosa di soave e leggero, senza tuttavia alterare il fatto che il modo dominante, almeno nell'amanes, è tragico. Infatti, questo è forse proprio un modo per ridurre la tragicità del pezzo (7)

Come aveva notato Phaidros, l' amanes è una forma di lamento stilizzato che ha dei legami con i lamenti greci popolari e, per associazione, con il genere femminile. Questo non vuol dire che fosse necessariamente cantato da donne, come ci è noto dalle numerose registrazioni maschili, ma che era una forma che i greci coscientemente o inconsciamente sentivano vicina alla voce femminile per l'associazione con i lamenti. Nell'articolo di Phaidros sui manes, è curioso notare che il primo esempio che egli usa, per sostenere la sua affermazione che il mane o amanes è derivato dal lamento dell'antica Grecia, non è un lamento ma un altro genere che, nella tradizione popolare, è dominato dalle donne. È una ninna-nanna che, com'egli dice, era ancora cantata a Smirne al tempo della scrittura del suo articolo (1881: 1-2): 

Na mou kamni naniiii nani to moro mou naniii 
O ilios vyen' is ta vouna 
k'e perdike es ta dhasi.... 
1) kimisou (2) haidemenon mou 
ton ipnon na hortasis 
E to moro mou, e, e, e, e, e, e.
Allora la mia amata può andare a fare la nanna
il sole sorge dalle montagne 
e le pernici salgono dalle foreste.... 
(1) dormi (2) mio caro 
così che avrai tutto il sonno che vuoi 
eh, mio bambino, eh, eh, eh, eh.
Kimisou glikeron mou fos 
k' i mira sou doulevei (2) 
ke to kalon sou rizikon 
si kouvalei ke ferni, e, e, e, e.
Dormi mia luce dolcissima 
Mentre il tuo fato fa il suo dovere 
e ti porta buona fortuna, 
eh, eh, eh, eh.
O ipnos to parakali, 
k' ekino den kimate 
ehi ta matia t' anichta 
ke to vizi enthimate 
E to moro mou, e, e , e, e.
Il sonno lo chiama 
e lui non dorme; 
i suoi occhi sono aperti 
e si ricorda il seno 
eh, mio bambino, eh, eh, eh, eh, eh.

Phaidros ha forse scelto quest'esempio semplicemente per via del suono 'e' ripetuto o per lo stile vocale melismatico, ma la registrazione di Marika Politissa, fatta ad Atene fra il 1929 ed il 1931 per l'Odeon, offre un supporto interessante alla sua associazione della ninna-nanna con i lamenti e con gli amanedhes in generale. Il titolo dato è l'originale turco (Nini) ed è designato come manes


Outi. Anoyanakis 1991: 223 ( n.91)

Nini.(mp3 file, 172 kb, 2.52 min)

Un amanes registrato fra il 1929 ed il 1931 da Marika Politissa, accompagnata da suonatori anonimi di lyra e outi (Odeon GO -1539). Registrazione originale dalla collezione tarda di Dino Pappas.

O-o ...Ach 
Kimisou orfano pedhi 
ke dhakria mi hinis 
aman! 
stin tihi sou itan grafto 
orfano na min ise 
aman! 
Kimisou orfano moro 
naaaani
Ooh! Aah! 
Dormi, orfanello 
e non piangere 
aman! 
era scritto nel tuo destino 
che saresti stato orfano 
aman! 
dormi, orfanello 
fa' la nanna!

 L'accoppiamento degli amanedhes sia con i lamenti che con le ninne-nanne conferma l'associazione con la voce femminile. L'associazione della ninna-nanna con il lamento non si trova solo in Grecia. In Karelia, un'area nella quale si parla il finnico, prima occupata dalla Russia e poi parte dell'Unione Sovietica, i lamenti/ninne-nanne erano comuni per le bambine, la cui inevitabile vita di stenti era considerata un destino peggiore della morte (Nenona-Kalio 1982: 101). Allo stesso modo, i lamenti per le spose, di solito cantati dalle loro madri e parenti di sesso femminile, sono un fenomeno comune non solo alla Grecia ma anche alla Cina e a molte altre società (vedi, ad esempio, Blake 1979, Danforth 1982, Kligman 1988). Quello che si nota in studi comparati sui lamenti, attraverso culture differenti, è che, con poche eccezioni, essi, come le ninna-nanne e molte altre canzoni che segnano riti di passaggio o momenti cruciali nel ciclo della vita, sono non solo canzoni di donne, ma vengono anche associati ad un'intensità emotiva che può essere ammirata e persino ricercata dagli uomini in momenti di crisi, e che in altri momenti può addirittura essere considerata effeminata, troppo sensibile, e perfino minacciosa.


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