Gail
Holst-Warhaft Amanes:
l'eredità della madre d'Oriente Nel suo "Viaggio in Morea" (O Moreas), Nikos Kazantzakis scrive: "Nelle taverne, ai festival, in vacanza, quando hanno bevuto un po', i piccoli uomini d'affari e gli ufficiali di fanteria [del Peloponneso], così logici ed egoisti, scoppiano in malinconici amanedhes (sing. amanes) orientali, in uno stato repentino di desiderio, rivelando una psiche completamente differente da quella sobria che li accompagna nella vita di tutti i giorni. Un gran tesoro, un desiderio profondo..." (1965: 325). Più avanti, Kazantzakis approfondisce il concetto della natura bipartita dell'uomo greco a lui contemporaneo: "L'uomo greco moderno, dalla duplice discendenza, cosa ha preso da suo padre, cosa da sua madre? È intelligente e superficiale, senza ansie metafisiche eppure, quando si mette a cantare, un'amarezza universale sale dalle sue viscere orientali, aprendosi un varco attraverso la crosta della logica greca e, dalle profondità del suo essere, totalmente misterioso ed oscuro, l'Oriente emerge..." (ibid: 326). Nei due precedenti passaggi, Nikos Kazantzakis descrive un tipico atteggiamento greco che si rifà ad una tarda tradizione musicale ottomana e, in particolare, alle improvvisazioni vocali chiamate amanedhes.
(traduzione di Laura Biagi) |
(aggiornamento 1 Settembre 2000)